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Era
mio padre (Usa 2002) di Sam
Mendes con Tom Hanks, Paul Newman, Jude Law, Jennifer Jason-Leigh, Stanley
Tucci, Daniel Craig, Tyler Hoechlin
Mendes
viene accusato di essere un freddo artefice di macchine da Oscar.
Alessio Guzzano ha scritto su C@rnet: "Se fare cinema
d'autore vuol dire saper sempre dove mettere la macchina da presa, allora
Mendes è un genio". Io non penso che Mendes sia
un genio (si atteggia ad autore, questo sì), però non capisco
perché disprezzarlo se non c'è anima nei suoi film. Ammettiamo
pure che non ci sia (e non è la mia opinione), ma perché
negare che Era mio padre è un filmone postmoderno,
girato forse da uno dei più intelligenti director postmoderni
dell'ultima generazione. Sarà pure tassidermia di un genere (del
resto il fatto che American Beauty fosse il racconto di
un morto e quest'ultimo Road to Perdition quello dell'unico
sopravvissuto, la dice lunga sulla consapevolezza del confronto con topoi
ormai riproducibili solo meccanicamente), ma il processo di imbalsamazione
è ottimo. Mendes non è mica Norman Bates!
La sua non è deriva psicopatologica, ma rispettosa devozione. Basterebbe
la sequenza in cui Michael Sullivan e John Rooney suonano
insieme il pianoforte sotto l'occhio invidioso di Connor Rooney;
o quella in cui la m.d.p. carrella verso quest'ultimo, che ha appena incassato
un rimprovero pubblico del padre, tenedolo fuori fuoco mentre sullo sfondo,
perfettamente a fuoco, ci sono gli altri due; o ancora la resa dei conti
sotto la pioggia, per rendere conto della maestrìa al servizio
della causa. Se poi vogliamo discutere se la causa sia giusta o meno,
allora facciamolo.
(Rosario
Gallone)
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