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Dust
(Gb/Usa/ Germania Italia/ Macedonia 2001) di
Milcho Manchevski con David Wenham, Joseph Fiennes, Adrian Lester, Anne
Brochet, Nikolina Kujaca
Polvere torneremo. E, nel frattempo,
cosa ci resta da fare se non raccontare storie? Gran parte della nostra
vita, la trascorriamo ascoltando, vedendo, leggendo storie, ed un'altra
porzione narrandole. Certo, scrittori, sceneggiatori e registi sono, in
questo, privilegiati, ma è facile passare dalla condizione di narratario
a quella di narratore. E' sufficiente che, una volta uscito dal cinema,
riassuma la trama ad un amico, o nel breve spazio di una recensione, ed
eccomi diventato, improvvisamnete, (af)fabulatore. In Dust,
Angela costringe uno scassinatore a seguire una storia: quella
dei fratelli cowboy Luke e Elijah (un evangelista ed un
profeta, un raccontatore di passato ed uno di futuro) innamorati della
stessa donna, Lilith (come la protagonista ninfomane dell'ultimo
melodramma di Robert Rossen). Luke, cui la donna prefersice
il fratello, parte per l'Europa e, dopo una puntata a Parigi
(dove, in un cinématographe, viene inghiottito da The
Big Swallow proiettato sullo schermo), giunge in Macedonia,
un luogo in cui "i secoli non si susseguono, ma coesistono",
i Turchi hanno le divise dei nordisti e combattono contro i ribelli
capitanati da Il professore/Zapata. Luke si aggira in questo
scenario, ombra tra le ombre di un cinema che è passato. Angela,
però, muore ed il testimone del racconto passa a Edge, il
rapinatore, il quale mette se stesso nella fabula (ed infatti compare,
incongruamente, in una foto, al fianco di Luke e Elijah)
con la conseguenza che Luke, lasciato morente, si rialza manco
fosse Terminator, torna al villaggio occupato dai Turchi,
viene apostrofato con uno sprezzante "Tex Willer", fa
strage di nemici uccidendone decine con un sol colpo di pistola (come
in un heroic bloodsheed), tra cui Corto Maltese, non prima
di avergli chiesto "tu che ci fai qui?". Nonostante l'impazienza
di noi ammiratori (in attesa da otto anni della seconda prova del regista
Leone d'oro a Venezia con il suo esordio, Prima della
pioggia), a conti fatti, è valsa la pena aspettare perché
Milcho ci ha regalato un'opera intrigante ed affascinante, in grado
di coniugare spettacolo ed intelligenza. A presto, Manchevski.
Anzi, il più tardi possibile!
(Rosario
Gallone)
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