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Che ora è laggiù? (Taiwan 2001) di Tsai Ming-Liang con Lee Kang-Sheng, Chen Shiang-Chyi, Lu Yi-Ching, Miao Tien, Cecilia Yip, Jean Pierre Léaud

Il film apre con un piano fisso che racchiude: un tavolo su cui poggia una pentola verde, più dietro una piccola cucina, più dietro un balconcino ed una pianta in un vaso. un anziano signore si muove lentamente lungo la profondità del quadro, dopo un paio di minuti accende una sigaretta; poco prima della completa consumazione della stessa (quindi dopo 4 o 5 minuti) la scena cambia. E' un incipit che il buon Ming-Liang offre per metterci a nostro agio, per informarci della sua continuata adesione alla causa abbracciata col bellissimo Rebels of Neon God del 1992, per rassicurarci (vedremo il film che speravamo di vedere). Il film si esprime interamente attraverso quadri fissi, spesso divisi in distinti piani di profondità, dove di volta in volta il piano in cui si svolge l’azione è messo in evidenza da piccole variazioni della focale.
Dopo la prima lunga scena vediamo Hsiao Kang (Lee Kang-Sheng) eseguire i riti funebri per il padre scomparso, l’uomo visto subito prima. Il protagonista, venditore ambulante di orologi, conosce quindi una ragazza, Shiang . Questa, in procinto di partire per Parigi, lo convince a cedergli l’orologio che era appartenuto a suo padre. Hsiao Kang, colpito dall’incontro, decide di regolare tutti gli orologi sull’ora di Parigi, quindi guarda ossessivamente I 400 colpi, protagonista il giovane Jean-Pierre Léaud. Nel frattempo la madre neovedova soffre terribilmente la perdita del marito, crede che il grosso e goffo pesce bianco nell’acquario possa essere la sua reincarnazione, ed a questa fissazione si aggiungono altri comportamenti bizzarri. Anche Shiang a Parigi non se la passa niente bene, sola e poco integrata, anzi piuttosto disintegrata. Incontra Léaud in un cimitero altrimenti deserto, ma non lo riconosce.
Tsai Ming-Liang porta ancora avanti i suoi temi feticcio della solitudine e dell’assenza di comunicazione. La coproduzione è franco-taiwanese, ma conserva i crismi del cinema d’autore estremorientale. I protagonisti non seguono l’evoluzione propria delle opere occidentali, più che altro involvono. La storia è più uno stralcio di vita dai contorni indefiniti e sfilacciati, che un racconto compiuto. L’influenza francese fa comparire Parigi accanto a Taipei, ma l’atmosfera di fondo, le luci fredde e taglienti, gli isolamenti sono gli stessi anche nella capitale francese.
Rispetto agli altri film l’ironia è più accentuata ed esplicita, quindi maggiormente stridente rispetto alle scene in cui i protagonisti cercano di reagire alla solitudine con la masturbazione, cercando amori improbabili, lasciandosi andare a lunghi pianti. I tentativi di contatto fra i personaggi muoiono nel grottesco: un grosso ragazzo in un cinema sottrae a Hsiao Kang un orologio da muro da lui preso precedentemente; si rincorrono fino al bagno, dove il ragazzo si fa trovare da nudo, il pisello coperto dall’orologio che segna le 12.05; Hsiao va via interdetto.
In un mondo abitato da uomini tanto taciturni e solipsisti gli oggetti poco differiscono dalle persone, e l’ironia si scatena infatti dalla interazione fra persone ed oggetti, che acquistano valenza e poetica propria, anziché dai rapporti umani.

(Giuseppe Marino)

 

Che ora è laggiù?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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