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Cantando dietro i paraventi

(Italia 2003) di Ermanno Olmi con Jun Ichikawa, Carlo Pedersoli, Sally Ming Zeo Ni

Un film di grande stile, che regala, tra l'altro, con un sorprendente Bud Spencer, una nuova icona al cinema italiano. Cantando dietro i paraventi è una boccata d'ossigeno in un panorama cinematografico troppe volte asfissiato dalla preoccupazione di piacere al grande pubblico, al punto di diventare spesso noioso e stucchevole cliché di se stesso. Qui per fortuna si naviga in altri mari, in cui si entra quasi per caso, come già ci indica la cornice del film, che vede un giovane studente capitare per errore in un teatro-bordello dove va in scena, ad opera di una compagnia che pare uscita dai canovacci della commedia dell'arte, la favola della bella Ching diventatata piratessa per amore.
Il film di Olmi viene non a caso dopo il bellissimo Il mestiere delle armi, di cui riprende il tema portante, declinandolo questa volta sui toni della favola, ed evidenziandolo fin già dalla trama: la bella Ching diventa una temuta piratessa dopo l'omicidio del marito corsaro. Omicidio che avviene per mezzo di un tradimento (come accade al Giovanni dalle Bande Nere de Il Mestiere delle armi) da parte dei suoi finanziatori. Percorrerà allora, senza ipocrisie né infingimenti le strade della guerra e della pirateria senza tuttavia venir mai meno all'onore che deriva dal mettere in gioco tutto, compresa la vita. Fino al finale, solo apparentemente lieto, quando l'Impero, subite una serie di disonorevoli sconfitte mette in campo tutta la forza del suo strapotere militare.
Anche qui la guerra, quindi. Anche qui una riflessione amara sulla modernità come campo di un agire disumanizzato che relega l'onore al ruolo di un anacronistico orpello.
Ma come in ogni opera di poesia è oltre il testo che si dispiega il senso più vero e profondo del film. E' nello stile che predilige, nelle scene di guerra, la sospensione alla scontata spettacolarità degli scontri (siamo agli antipodi di Master and Commander con Russel Crowe al quale, per inciso, lo star system pare abbia assegnato l'ingrato compito di vincere oscar con brutti film). E' nella cadenza lenta dell'elegia. E' nel simbolo che pervade dialoghi e ambientazioni. E' nella struttura del racconto, organizzata intorno all'espediente del teatro nel teatro.
E' questa, tra l'altro, una delle chiavi interpretative più ricche del film. La vicenda viene data come uno spettacolo rappresentato in un teatro. Ma il teatro in questo caso è anche un bordello e la storia è raccontata con toni e ritmi che mal si adeguano alle esigenze dello show business. Olmi sembra volerci guidare in un riferimento preciso con l'attualità, polarizzando uno dei sensi del film intorno alla contrapposizione tra una società dello spettacolo che tutto mostra come in una soirée pornografica e una modalità del racconto e della sospensione che alimenta la sensualità della comprensione. Lo stesso personaggio interpretato da Spencer-Pedersoli è un campo metaforico dove si gioca un interessante corto crcuito. Egli è al tempo stesso narratore e personaggio della storia che racconta. E' reduce di se stesso, costretto a "mostrarsi" come atto di testimonianza di un mondo che non c'è più.
Così, nella società dello spettacolo, dove tutto viene esibito e tutto (anche i documentari naturalistici) viene raccontato con ritmo eccitato, come da una soggettiva di un pilota di caccia, Olmi racconta la guerra con i tempi dei vecchi racconti attorno al camino, decongestionando i sensi della nostra percezione e distillando quelli della fabula. Solo chi, come lo studente capitato per sbaglio nel teatro-bordello saprà abbandonarsi alla sensualità delle parole, potrà cogliere l'importanza della storia e il senso nascosto dietro i paraventi. Un'opera densa, insomma, da fruire lasciandosi sorprendere. Che mette in scena con le armi della poesia la lotta assolutamente moderna dell'uomo alla riconquista dell'onore delle armi.

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(Giulio Arcopinto)


 

 

 

 

 

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