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Blow
(Usa 2001) di Ted Demme con Johnny Deep, Penelope
Cruz , Franka Potente
Classe '64 e le ossa fatte
a suon di videoclip, Ted Demme cede alla tentazione di ogni
autore che salta il fosso della faglia dei secoli (crisi fin de siècle,
si sarebbe detto una volta) e non resiste al desiderio di raccontare una
generazione (e il mondo; mica siamo occidentali per niente...!) attraverso
il racconto di formazione. Storia vera, quella di George Jung,
giovane (Jung/young, guarda tu!) americano che, della dura
legge della strada, fa presto virtù. Due categorie di uomini, ti
insegnano nei vicoli: vittima e carnefice. George sceglie di essere
carnefice e, come per ogni epica che racconti la "banalità
del male", la folgorazione sulle vie di Damasco è sostituita
dal caso. Sono gli anni dell'utopia dell'Acquario (almeno sulle
copertine dei dischi), ma sono anche gli anni in cui si preparano, con
diverse connivenze, i grandi cartelli degli spacciatori di cocaina. George,
piccola rotellina di ingranaggi più grandi, i soldi a palate li
fa con Escobar, negli anni ottanta (quelli di Reagan).L'uno
e l'altro vicini all'applicazione pedissequa di ogni brava deregulation
che si rispetti: far soldi. L'epica del racconto non ha l'afflato di Donnie
Brasco (che, giocoforza, la dicotomia Deep/consorte cita),
ma ha, qui e là, il luccichio glam della decadenza (che,
ad un altro film - di tutt'altro genere, ma pur sempre sulla memoria e
l'illusione - come Velvet Goldmine, mancava del tutto).
La stella di George Jung, rise and fall del giovane ingannato,
termina dietro le ombre a strisce della gabbia di una prigione, stella
e ombre infinitamente più dure di altre stelle e strisce. Il sogno
americano è una bugia? Sarà, ma oggi non si può dire.
E l'unica posizione, Demme (e noi) l'affida agli occhi della Cruz
che invocano, inutilmente, una vita domestica.
(C.M.)
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