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Black Hawk Down - Black Hawk Abbattuto (Black Hawk Down, Usa 2001) di Ridley Scott con Josh Hartnett, Ewan McGregor, Tom Sizemore, Sam Shepard, Eric Bana


Chiamato dal produttore Jerry Bruckheimer (Top Gun, Pearl Harbor) per conferire dignità estetica e nobiltà autoriale al suo ennesimo blitzkrieg propagandistico, Ridley Scott ha affrontato con dovizia di mezzi e furore stilistico un meta-genere ad alta codificazione come il war movie, categoria filmica appetitosa e stimolante per le sue possibilità visionarie. Ma il risultato finale è orribile.
Black Hawk Down profonde un'idea di cinema inutile, ridondante, qualunquistica, addirittura immorale. Meravigliano (ma non più di tanto!) le lodi della stampa americana.

Meraviglia lo stupore per la tanto decantata perizia tecnica di Scott (che c'è, ma mai come in questo film è sterile e compiaciuta, tronfia, ridicola, totalmente sfuocata, incapace com'è di qualsiasi funzionalità narrativa). Meravigliano le lodi al cinismo senza sbavature e al preteso iperrealismo delle scene di guerra (due interminabili ore di poltiglia visiva narcotizzante, retorica e americanocentrica, una pornografia del sangue e delle budella, una confusione visiva che richiama la totale mancanza di un qualsivoglia disegno estetico della regia di Scott).
Va da sé che ad infastidire non è l'assoluta mancanza di approfondimento psicologico o di contestualizzazione storico-sociale (le ellissi delle premesse diegetiche e il taglio delle digressioni chiarificatrici sono precisi artifici retorici del regista inglese, che auspicava per lo spettatore un'immersione radicale e pervasiva nel caos bellico, una fulminea "presa diretta" nella pulsante carneficina, nel rigoglio distruttivo del campo di battaglia); a lasciare interdetti è piuttosto il rifiuto di una gradazione catartica, di una sublimazione "umanistica". Vi si cercherà inutilmente una precisa idea di racconto, una rigorosa strutturazione degli intendimenti filmici, una padronanza esigente dei registri espressivi.
Battute, situazioni e stilemi sono presi a mani basse da facili referenti (il realismo compulsivo e sinestetico di Salvate il soldato Ryan declinato fino al parossismo per l'intera durata della pellicola, la logica spietata della ragion militare che si nutre del sacrificio "strategico" di innocenti come in Orizzonti di gloria, la stringente dinamica dei rapporti fra la spazialità coatta delle scenografie e la motilità schizoide dei personaggi imita disordinatamente la prossemica allucinata e micidiale di Full Metal Jacket) ma ne escono come decontestualizzati, deflessi, modulati con demente e anodina reiterazione.
C'è chi ha parlato di lucido esercizio di stile, di prezioso prototipo di cinema puro (l'abilità di Pietro Scalia alla moviola e i virtuosismi di Slawomir Idziak alla macchina da presa sono indubbiamente suggestivi ma risultano irrimediabilmente dannosi ai fini espressivi dell'opera). Black Hawk Down, a ben guardare, dimostra tanto la certosina perizia della sua grammatica filmica (connotata dal plus-valore estetico dell'inquadratura scottiana che carica i frame con uso pletorico di filtri e di lenti e li seppellisce con estenuate composizioni pulviscolari) quanto lo sconfortante disegno sintattico che lo sottende (un montaggio ipertrofico e "videoclipparo" che slabbra e sminuzza ogni sintagma significante). Insomma una "palta" noiosissima, un marasma insopportabile, un cinema acefalo e corrivo. Un brutto videogioco per adolescenti con pulsioni marziali. Testosterone per guerrafondai.
Dopo i meritati flop di G.I. Jane, Albatross, Hannibal e il pleonastico successo del sopravvalutato Il gladiatore, il fu grande regista di Alien e Blade Runner conferma, ahinoi in maniera drammatica, il suo inarrestabile e triste declino.
Oscar per il miglior montaggio (Pietro Scalia) ed il miglior suono.

(Marco Rambaldi)

 

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