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Bamboozled (Usa
2000) di Spike Lee con Damon Wayans, Savion Glover, Jada Pinkett-Smith,
Michael Rapaport, Tommy Davidson
Il medium
è il messaggio. E allora Spike Lee, dovendo parlare di televisione,
sceglie di utilizzare il digitale. Il fatto è che, di qualsiasi
cosa parli ed in qualunque formato giri, Lee fa sempre del cinema. Bamboozled
è una satira sulla televisione, sui bianchi che dicono di non essere
razzisti (il producer che sventola la moglie afroamericana ed i poster
nel suo ufficio come alibi del suo latente razzismo), sui leader dei movimenti
per i diritti degli afroamericani (pronti a sfruttare ogni situazione
per farsi pubblicità), sui finti gruppi rap rivoluzionari (che
non esitano a fare provini per una trasmissione tv, salvo poi stigmatizzarne
latteggiamento uncorrect se non vengono presi), sui bianchi
che vorrebbero essere neri ed i neri che vorrebbero essere bianchi. Insomma,
come al solito, il regista di Fa la cosa giusta ne
ha per tutti, compresi i suoi fratelli. Spunto, tuttaltro
che banale: la realizzazione di un format televisivo che recuperi la disdicevole
tradizione del minstrel show (in cui attori bianchi - ma, col tempo,
anche i neri furono costretti a farlo - si dipingevano il viso per impersonare
una vasta gamma di figure stereotipate, dal coon - il nero stupido
e disarticolato - alla sua variante della pickaninny - la bimba
tutta trecce e fiocchetti, tipo quella de Le simpatiche canaglie
-, dal tom - il nero acquiescente e sottomesso, come lo zio del
romanzo di Harriet Beecher Stowe - alla mammy - versione
femminile del coon -). Ciò consente allautore, attraverso
lo sdegno che colpisce lo spettatore, di sottolineare lassurdità
del ruolo assunto dai neri al cinema per più di mezzo secolo (e
lepilogo monta brani di insospettabili pellicole in cui il discutibile
luogo comune la fa da padrone) nonché di mostrarci un raggelante
catalogo di autentici gadget razzisti che, non a caso, riempiono
lufficio del protagonista diventandone, poco a poco, la nemesi,
come se fossimo in un puppet-horror. E, senza alcun preavviso,
la satira diventa tragedia nello spiazzante unhappy end.
(Rosario Gallone)
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