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L'amore probabilmente (Ita 2001) di Giuseppe Bertolucci. Con Sonia Bergamasco, Rosalinda Celentano, Fabrizio Gifuni, Stefania Sandrelli, Mariangela Melato , Alida Valli , Carmen Scarpitta, Teco Celio.

Devo ammettere di essere andato a vedere questo film di Giuseppe Bertolucci abbastanza prevenuto. Un autore maturo, di nobile schiatta, decide di confrontarsi col tema dei temi, l'amore, utilizzando il digitale e i corpi inquietanti e atipici di giovani attori con poca esperienza. Mi puzza. Così, prima che sullo schermo apparisse il primo fotogramma del movie (visto che film, pellicola, non è) ho scommesso con il mio amico L.E. su cosa si sarebbe visto nella prima scena. Le alternative da me proposte erano:

1) Scena di sesso.
2) Donna sul gabinetto
3) Inquadratura di un animale.
4) Dettaglio dell'accensione di una sigaretta.

Purtoppo ho peccato di troppa fiducia: la prima inquadratura, infatti, ci mostra un bel ciak, che fa tanto meta
cinema, dietro il quale subito appare la figlia di Celentano che, apparentemente, prova una battuta. Non faccio in tempo ad assaporare la delusione di trovarmi di fronte all'ennesimo "esperimento" che per legittimarsi in quanto tale decide di percorrere la facile strada del metalinguismo più spicciolo, che dopo 2 minuti la figlia di Celentano va in bagno; per vomitare, è vero, non per pisciare, ma l'estetica è quella. Come se non bastasse, al ventesimo minuto circa, Bertolucci ci regala un intenso scambio di sguardi tra un cane ed un gatto. Le mie previsioni, insomma, non erano del tutto sbagliate.
In seguito il movie procede intercalato da scene off nelle quali il regista, sempre fuori campo o sf(u)ocato, spiega agli attori le sue motivazioni, che, con nostro grande disappunto, sono sempre ed esclusivamente di tipo estetico ("perchéil mio personaggio vomita sempre?" chiede la figlia di Celentano "Perché quando ti pieghi per vomitare sembri una donna africana che raccoglie l'acqua alla fonte" ). Insomma il vuoto, almeno fino a quando, magno cum gaudio, si penetra in profondità nel territorio del ridicolo. Entra in scena un improbabile working class hero cinquantenne, propietario, fra l'altro, di un cane di nome Che "come Che Guevara". Costui, nella sequenza più sgangherata e sinceramente "brutta" vista al cinema da molto tempo a questa parte, ottiene la "grazia" di essere masturbato da Sonia Bergamasco. La cosa produce una serie di facce buffe sul suo volto dopo le quali lo spettatore viene omaggiato della visione della mano della Bergamasco sporca di sperma. Lei si pulirà con il fazzoletto del proletario e poi lo porterà alla di lui moglie perché lo pulisca. Il delirio.
Bertolucci, insomma, non riesce a controllare la materia, né, soprattutto, il mezzo. Così, come se con il video non si potesse fare altro, si sprecano gli "omaggi" a Nonsolomoda e ai corti amatoriali, mentre tutte quelle telecamere che invadono l'inquadratura (supposta intrusione del mezzo nel messaggio) più che alla crisi del segno fanno pensare a Grande Fratello e a Marina La Rosa. Un film che, purtroppo, farà schiere di proseliti tra i neocinefili, stupiti da tanta tracotanza facilmente scambiabile per arguzia e libertà linguistica.
Se proprio volessimo sforzarci di trovare in questo lavoro qualcosa di buono potremmo dire che esso regala allo spettatore tutto il girato lasciandogli la libertà di effettuare il montaggio, con calma, uscito dalla sala. Ma è veramente qualcosa di buono?.


(Giacomo Fabbrocino)

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