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Alì (Usa 2001) di Michael Mann con Will Smith, Jon Voight, Jamie Foxx, Mario Van Peebles, Jada Pinkett-Smith

Il nuovo film di Mann è bello e, in epoca di vacche hollywoodiane magre, è già una gran cosa. Ha anche molti difetti, molte discutibili scelte registiche e di sceneggiatura, cade, si rialza, si impenna , perde d'intensità. E' un film imperfetto,insomma, ma comunque un gran bel film. La prima mezz'ora è davvero grandiosa.Il regista americano, ed il suo montatore lavorano sul ritmo, ma attenzione, non parlo di un videoclip, il film non giocherella vacuamente sull'immagine sbilenca e sporca (in fondo c'è pure questo ma non solo) ed inoltre sembra proprio che Mann e la sua troupe, le sue troupe, trattandosi comunque di blockbuster, si siano messi in testa di realizzare il più bell'inizio della storia del cinema. Vabbè non ci sono riusciti, la concorrenza era spietata, ma ci sono andati davvero vicini. Ecco alternarsi, allora, il cantante Sam Cooke su un palco ed il nostro Alì, ancora Cassius Clay (il "nome da schiavo" che abiurerà), in strada, in palestra, da piccolo in un tram mentre guarda-non guarda la foto di un ragazzo nero linciato a Chicago sbattuta sulla prima pagina di un giornale. Le immagini si rincorrono e si accavallano, narrando dieci, cento mille storie, come nei primi venti minuti di Magnolia o Arizona Junior. Poi il regista ci catapulta sul ring, Clay versus Linston, e di nuovo,avendo in mente di dirigere il migliore incontro di boxe mai visto sullo schermo, lo narra per intero, rispettando-non rispettando il tempo reale, buttandosi sui corpi, tra i corpi, sfocando, muovendosi

Will Smith

Alì a Kinshasa

L'attesa africana di Alì

Sul ring

ossessivamente alla ricerca del taglio sghembo, del dettaglio, invisibile, se non ripreso col teleobiettivo spinto.
Avrete dunque capito che Alì è l'opera più sperimentale, più "spinta" formalmente del regista americano, non trova mai la pace di un primo piano "fermo", a cavalletto. Ma se stilisticamente Mann osa (spesso pure troppo), narrativamente la struttura di Heat o Insider o Manhunter per tornare più indietro, è rispettata per tutto il primo tempo. Eccetto i due personaggi di Alì e Malcolm X, i caratteri contorno non trovano mai davvero una definizione più profonda della "macchietta", che viaggiano paralleli, attraversando la storia incontrandosi magari per caso, in Africa, e scontrandosi perché troppo diversi, troppo simili. Nel secondo tempo la storia cambia, si focalizza su Mohammed, beh, certo, anche per colpa della Storia (l'omicidio del leader nero), e il film perde un po' di intensità e compattezza. Resta molto, però, davvero molto

(Luca Errico)

 

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